Secondo il nuovo studio, il consumo di energia della rete Bitcoin è 50 volte inferiore a quello delle normali banche. Lâalgoritmo di consenso utilizzato dalla blockchain di Bitcoin, basato su un modello PoW, è sempre stato oggetto di critiche a causa del suo eccessivo consumo di energia.
Soprattutto negli ultimi anni sono stati raggiunti livelli ormai insostenibili. Basti pensare che, stando ai dati analizzati dallâUniversitĂ di Cambridge, il consumo di energia annuale della rete Bitcoin si attesta intorno ai 121 terawattora (TWh). Se questo numero non vi dice niente, provate ad immaginare che se Bitcoin fosse un Paese, allora questo consumerebbe di piĂš dellâOlanda, del Pakistan o della Danimarca.
Insomma, Paesi come questi richiedono un fabbisogno energetico minore di tutta la rete BTC. Bisogna anche aggiungere che lâinquinamento ambientale deriva sostanzialmente dal tipo di fonti utilizzate per produrre lâenergia necessaria.
Detto questo, il mining del Bitcoin potrebbe essere alimentato interamente da fonti di energia rinnovabili, come sta già accadendo in Paesi come la Norvegia. Lo stesso discorso, però, potrebbe essere applicato ai server utilizzati dal sistema bancario, anche se la conversione richiederebbe uno sforzo maggiore.
Le blockchain piĂš sostenibili sono basate su un modello PoS
Non a caso, nello studio pubblicato da Nasdaq, corre in aiuto un commento di Charles Hoskinson, co-fondatore della blockchain Cardano.
Hoskinson afferma:
âIl consumo di energia del Bitcoin è piĂš che quadruplicato dallâinizio del suo ultimo massimo del 2017 ed è destinato a peggiorare in quanto lâinefficienza energetica è insita nel DNA del Bitcoin.
Lâimpronta di carbonio del Bitcoin peggiorerĂ esponenzialmente perchè piĂš il prezzo sale, piĂš ci sarĂ competizione per ottenere la valuta e di conseguenza, piĂš energia verrĂ consumataâ.